CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
LA LIBERTA’ PROFESSIONALE TRA COSTITUZIONE E MERCATO
L’Aquila, 23 aprile 2013

Cari Colleghi, Professori illustri, signore e signori,
Il tema che oggi affrontiamo è veramente ampio, se non smisurato, oltre che di grandissimo interesse ed attualità: merito agli organizzatori dell’incontro, che – traendo spunto dal pregevolissimo lavoro del Prof. Colavitti, prezioso collaboratore del Consiglio Nazionale Forense – hanno pensato alla utilità di un approfondimento su un argomento così stimolante e suggestivo.
Naturalmente, essendo il mio compito limitato ai saluti, intanto porto un messaggio di plauso e compiacimento per la iniziativa da parte del Presidente Alpa; non posso, però, esimermi da qualche notazione di carattere preliminare sul gli aspetti della problematica da affrontare.
1. La legge professionale forense appena entrata in vigore recita, all’art. 1:

“1.La presente legge, nel rispetto dei princìpi costituzionali e della normativa comunitaria e dei trattati internazionali, disciplina la professione di avvocato.
2. L’ordinamento forense, stante la specificità della funzione difensiva e in considerazione della primaria rilevanza giuridica e sociale dei diritti alla cui tutela essa è preposta:
a) regolamenta l’organizzazione e l’esercizio della professione di avvocato e, nell’interesse pubblico, assicura la idoneità professionale degli iscritti onde garantire la tutela degli interessi individuali e collettivi sui quali essa incide;
b) garantisce l’indipendenza e l’autonomia degli avvocati, indispensabili condizioni dell’effettività della difesa e della tutela dei diritti;
c) tutela l’affidamento della collettività e della clientela, prescrivendo l’obbligo della correttezza dei comportamenti e la cura della qualità ed efficacia della prestazione professionale;
d) favorisce l’ingresso alla professione di avvocato e l’accesso alla stessa, in particolare alle giovani generazioni, con criteri di valorizzazione del merito”.

2. Va qui ricordato che il sistema ordinistico è stato sempre riconosciuto, sin dalla fine dell’ottocento, come un connotato essenziale della professione forense, ed è importante considerare che all’epoca in cui fu introdotto, passò quasi all’unanimità: ed era un’epoca in cui gli assertori del libero mercato – in un paese eminentemente agricolo che si apriva con ritardo all’industrializzazione – avrebbero avuto armi argomentative ben più persuasive per affidare interamente all’autonomia privata la disciplina della nostra professione.
3. Tuttavia, i nostri antenati preferirono, credo molto opportunamente, un sistema misto: lo Stato, tenendo conto dell’interesse pubblico sotteso alla funzione dell’avvocato, avrebbe fissato le regole di accesso alla professione e le competenze degli Ordini; questi avrebbero precisato le regole di comportamento e le sanzioni per la loro trasgressione; i giudici ordinari avrebbero delibato i ricorsi avverso i provvedimenti degli Ordini.
4. Ma nello stesso momento in cui gli avvocati ricevevano la loro legge professionale emergeva un’altra istanza, un’istanza di natura economica e sociale.
5. La professione forense apparteneva al mondo del lavoro.
6. Non a caso si parla di mandato; di locazione di opere, di prestazioni professionali: l’ attività dell ‘ avvocato era allora, ed è oggi, un lavoro, un lavoro intellettuale.
7. È una professione necessariamente retribuita che, già alla fine dell’Ottocento – lo spiegano in parole chiare Camillo Cavagnari ed Emilio Caldara (rispettivamente un giudice e un avvocato, autori della voce in antica edizione del Digesto italiano sugli avvocati e i procuratori) – «ha la sua ragione di essere nella storia e nelle condizioni sociali», «una delle fonti di lucro, cui la lotta per l’esistenza spinge gli uomini ad attingere», è una professione, sottolineano ancora i due autori con candore e realismo, «in cui si trovano i mediocri, gli illustri, i galantuomini e i birbanti».
8. Ed anche in quell’epoca gli avvocati dovevano pagare “la solita imposizione di tassa e taglion, in misura proporzionata ai grandiosi profitti che traggono dalla loro professione” (in Pregadi, 9, I, 1782).
9. Ecco la libertà dell’avvocato: non solo libertà dai vincoli esterni, non solo libertà dal cliente, dal collega, dal magistrato, ma anche libertà di collocarsi – a proprio rischio – al livello che gli si confà.
10. Spettava allora, spetta adesso agli Ordini scriminare i birbanti dai galantuomini, gli ignoranti dai qualificati.
11. La norma contenuta nell’art. 1 della legge professionale appena richiamata raccoglie e riassume, in maniera, completa quelli che erano stati i principi affermati irrinunciabili dal Consiglio Nazionale Forense:
– la riaffermazione della libertà e dell’autonomia dell’avvocato, professionista essenziale all’esercizio della giurisdizione, per la conoscenza e l’attuazione della legge, e per la tutela dei diritti e degli interessi individuali e collettivi;
– la affermazione della centralità del sistema ordinistico e della sua natura pubblicistica, a garanzia dell’autonomia regolamentare in campo deontologico e della conseguente autonomia disciplinare, a tutela esclusiva dell’interesse dei cittadini e della collettività;
– la adozione di una disciplina che assicuri, insieme alla libertà di accesso, la imprescindibile verifica della qualità della formazione dell’avvocato, con criteri di selezione rigorosi, efficaci e obiettivi;
-la introduzione di meccanismi idonei ad assicurare una costante ed elevata qualità professionale, anche mediante un sistema di formazione permanente obbligatoria, sotto il controllo degli organi istituzionali dell’avvocatura;
– la armonizzazione dei criteri per il mantenimento dell’iscrizione agli albi professionali con quelli dettati per l’iscrizione alla Cassa di previdenza, secondo i principi di effettività, continuità e prevalenza dell’esercizio dell’attività professionale, ribadendo la radicale incompatibilità con altre attività lavorative, ed in particolare con l’impiego pubblico anche a tempo parziale;
– la affermazione dell’esigenza di un sistema tariffario che, salvaguardando la dignità del lavoro e la qualità della prestazione, escluda radicalmente ogni ipotesi di commistione tra gli interessi dell’assistito e quelli dell’avvocato, a garanzia dell’integrità dei diritti dei cittadini nonché della libertà e dell’indipendenza dell’avvocato;
-la riaffermazione dell’assoluta necessità che l’eventuale riconoscimento delle associazioni delle “nuove professioni” riguardi attività nuove, e non spezzoni di attività già proprie di professionisti iscritti in albi, senza sovrapposizioni che non potrebbero che danneggiare la trasparenza del mercato.
12. Nel bellissimo volume curato dal CNF sui “Discorsi” di Giuseppe Zanardelli, Avvocato, Ministro e valente giurista, dopo la citazione dei giudizi espressi dall’Imperatore Francesco d’Austria a Venezia nel 1816 (“Voi Avvocati foste molto funesti agli Stati; io non vi amo: vi terrò bassi, molto bassi”) e da Napoleone Bonaparte in occasione della presentazione del decreto per la ricostruzione dell’Ordine Forense (“Questo decreto è assurdo, esso non lascia alcun mezzo di frenarli, alcuna azione contro di loro: gli avvocati sono de’ faziosi, degli artefici di delitti e di tradimenti. Finchè avrò una spada al fianco, non firmerò mai un simile decreto: io voglio che si possa tagliar la lingua ad un avvocato che se ne servisse contro il governo”, si ricorda che già in quell’epoca antica soltanto il modello costituzionale di stampo democratico e liberale poteva assicurare pienamente la libertà del difensore attraverso la libera istituzione di ordini autonomi.
La libertà del difensore, l’autonomia dell’Ordine, la qualità della attività professionale, il controllo deontologico sono dunque i cardini attorno ai quali devono inevitabilmente ruotare le linee direttrici per la soluzioni delle gravi problematiche poste dalle regole di mercato in momenti di crisi profonda.
Sulla base di tali valori, oggi riaffermati dalla legge professionale, fortemente voluta dal Consiglio Nazionale Forense, può essere veramente assicurata la tutela dei diritti del cittadino in un mondo che cambia vertiginosamente.

L’Aquila, 23 aprile 2013

Avv. Lucio Del Paggio